Padrone del disegno, rispettoso dell’anatomia, adeguato distributore di forme, questo Cusin va ammirato soprattutto per la sua impresa pittorica che si traduce nella stesura su velluto, strumento difficoltoso ad essere impresso ed impregnato dal pastello, tanto da meravigliare un maestro del nudo contemporaneo, Aldo Fornoni, che per le sue opere ricorre a carta speciale francese.
La sua scoperta rimane un segreto, ma certamente valida se il risultato tanto ha dato. La padronanza del disegno lo sostiene anche nella grafica descrittiva, dove si è cimentato in non poche opere poiché il colore è il suo strumento naturale, come il flauto per il pastorello. E la scoperta dei soggetti, nelle movenze dei più disparati e rivissuti gestì della vita quoti-diana sta nella verità dell’interpretazione come un flash veloce che ferma l’immagine nel suo più congeniale senso – intuito – sentimento. .
E dove maggiormente i sentimenti si espletano, con intenso accompagnamento di colori tropicali, è certamente il periodo africano che potremmo definire il suo periodo esotico, dove riti usanze e passioni sbocciano sotto le foreste, su sabbie infuocate al rullo di tamburi dai segnali intermittenti e misteriosi.
Qui sempre si avvicenda alla bellezza delle forme, la grazia dello spirito, l’innocenza gestuale dei soggetti, sia che essi portino la brocca, o danzino, o agghindati di monili, osservino con occhi densi di stupore le palme o i baobab del deserto.
L’innocenza, la genuinità, il candore, la semplicità della sua esistenza sono così vere da annullare ogni altra voluta, possibile insinuazione dialettica. Veramente egli è un pastore dal flauto magico che guida, il suo gregge nelle strade del sogno, in un mondo di meravigliose staticità, d’incantata bellezza.
Egli è il nuovo cantore del simbolo di quella donna che esaltò poeti e guerrieri; è il cantore dei personaggi che hanno tanta presa sulla fantasia dei bimbi: i vecchi. Certo, perché Cusin è un bambino dal cuore d’oro e dagli occhi stupefatti ove volano spiriti e folletti e dove, tra arpe e veli, la donna cammina silenziosa con l’impronta della bellezza divina.
Padrone del disegno, rispettoso dell’anatomia, adeguato distributore di forme, questo Cusin va ammiralo soprattutto per la sua impresa pittorica che si traduce nella stesura del colore sul velluto. Strumento difficoltoso ad essere impresso ed impregnato dal pastello, tanto da meravigliare un maestro del nudo contemporaneo, Aldo Fornoni, che per le sue opere ricorre a una speciale carta francese. La sua scoperta rimane un segreto, ma certamente valida se il risultato tanto ha dato.
La padronanza del disegno lo sostiene anche nella grafica descrittiva, dove si è cimentato in non poche opere, Poiché il colore e il suo strumento naturale, come il flauto per il pastorello.
Non so, come fu scritto di lui, se i drammi della coscienza, le interpretazioni filosofiche, gli svisceramenti del pensiero in movimento continuo e modificante, siano parti interessate del suo mondo artistico. L’innocenza, la genuinità, il candore, la semplicità della sua esistenza sono così vere da annullare ogni altra voluta, possibile insinuazione dialettica. Veramente egli è un pastore dai flauto magico che guida il suo gregge nelle strade del sogno, in un mondo di meravigliose staticità, d’incantata bellezza. Egli è il nuovo cantore del simbolo di quella donna che esaltò poeti e guerrieri; è il cantore dei personaggi che hanno tanta presa sulla fantasia dei bimbi: vecchi. Certo, perché Cusin è un bambino dal cuore d’oro e dagli occhi stupefatti ove volano spiriti e folletti e dove, tra arpe e veli, la donna cammina silenziosa con l’impronta della bellezza divina.
Carlo Facchinetti
Vittorio Vallarin, Cusin
artista contemporaneo