Vittorio Vallarin, Cusin – artista

Vittorio Vallarin ha ereditato dalla madre l’amore per l’arte, per questo ha scelto il casato di lei quale nome d’arte, “Cusin”.

È nato a San Pietro Viminario, in provincia di Padova, il 15 aprile 1940 e attualmente vive e opera a Bellusco (MB) Cascina S. Nazzaro, 21.

Creatore di trasparenze, di velature, di valori ben rapportati, di visioni paesaggistiche romantiche e soprattutto di figure maschili e femminili, Cusin si è mostrato particolarmente aperto e sensibile alla tecnica del pastello su velluto: una pittura non certo facile, che racchiude in sé tutte le caratteristiche della bellezza, della grazia nel variare delle luci e delle ombre.

Un modo di dipingere architettato con grande respiro in virtù della purezza adamantina delle forme e da una perfezione ideale appartenente a se stesso, vale a dire al suo temperamento meditativo.

È un campo dove l’impegno non certo facile della stesura e della finale rappresentazione coincide con la dedizione alla visualità realistica perciò egli, dipingendo, racconta con la consapevolezza delle superfici e dell’atmosfera la verità di quello che vede.

Trasferitosi nel 1967 nello Zaire, sotto l’influenza del pittore Mulders perfeziona la tecnica su velluto, dedicandosi a soggetti tipici di quell’ambiente. A contatto diretto con quelle popolazioni, con il loro modo di vivere e di agire, con lo stupendo paesaggio africano Cusin si immedesima in loro, si commuove degli atteggiamenti sereni delle giovani donne e delle quotidiane scene di vita, con senso poetico diventa egli stesso albero, cielo, terra. Creando così un rapporto pittorico e umano, verista e descrittivo affinché il suo equilibrio e la sua umanità abbiano modo di esprimersi in tutta la loro interezza.

Pazientemente egli osserva, annota, scopre, costruisce, obbedendo ad una spinta vitale ed è con somma meraviglia che si osserva l’operare dell’artista padovano, la possibilità che ha di orientarsi sempre verso una chiarezza e una pulizia d’impianto strutturale, come egli possedesse il senso spaziale, compositivo e cromatico, come i corpi che dipinge, palpitanti e trasfigurati poeticamente. diventassero parte di se stesso. È soprattutto nei nudi ch’egli raggiunge una dignità di lunga durata. Per cui si può affermare che, con amore e meditazione, col senso schietto delle proporzioni egli sappia fermare sul velluto i mille aspetti delle forme, senza ricami o sdolcinature.

E soprattutto nei nudi ch’egli raggiunge una dignità di lunga durata. Per cui si può affermare che, con amore e meditazione, col senso schietto delle proporzioni egli sappia fermare sul velluto i mille aspetti delle forme, senza ricami o sdolcinature.

Allegoria del Fanciullo

Queste immagini raggiungono perciò risultati che s’impongono possono suscitare, e suscitano, con la loro carica narrativa e anche psicologica un’evocazione anatomica e caratteriale. Che col colore egli sappia penetrare con dinamismo e tempismo ammirevole nelle variazioni delle tonalità delle carni non può essere messo in dubbio. E evidente, ad esempio, nel dipinto a tecnica mista «Allegoria per l’anno del fanciullo». Cusin ci è di aiuto nella rappresentazione del dipinto. Chiarisce: la Piovra rappresenta il pericolo, la malattia, la morte che minacciano la vita del bambino. La mamma è la persona adulta che può soccorrere e allontanare il pericolo. La donna incinta si può paragonare a coloro che rifiutano di soccorrere il bambino quando è in pericolo, o addirittura ne accettano o provocano la morte.

Ne risultano visioni pure che la tecnica pastellata, pienamente sfruttata, sottolinea egregiamente. Si tratta, concludiamo, di figure e anche di paesaggi, non dobbiamo dimenticarlo sostenute dalla padronanza del disegno, sensibilizzate dalla materia pittorica, al di fuori del vacuo soggettivismo dell’angoscia esistenziale Siamo certi che egli saprà conservare sempre quelle dimensioni necessarie a suscitare nuovi pensieri e nuovi impulsi interiori.

Antonio Oberti